Gli Spazzi

31 mitero Monumentale di Verona. Solo pochi anni prima, nel 1838, Fracca- roli aveva scolpito il monumento fu- nerario per la famiglia Bonomi (foto 24) : il giovane Spazzi dimostra di saper fare tesoro della lezione, ma anche di saper uscire dagli schemi del maestro. Gli elementi iconografici sono gli stes- si scelti da Fraccaroli, ricorrenti del re- sto nella scultura funeraria: l’urna, il genio della morte, l’abbraccio all’erma del defunto, i simboli che spiegano la vita terrena del giovane, cólto e di belle speranze, “uomo di scienze e di lettere”, com’è scritto nell’epigrafe. La partita si gioca però tutta sul piano del confronto con la realtà. Fraccaroli nel Monumento Bonomi aveva affidato la scena dolente a un bassorilievo, dove il defunto è rappresentato nella forma idealizzata di un’erma antica, i fami- gliari come antenati evocati dall’antica Grecia, i corpi seminudi, ma coperti da lunghi panneggi, chini per la tri- stezza come dolenti uscite da un rito funebre arcaico. Grazioso sceglie inve- ce di rappresentare non una figura ide- ale, ma proprio quella madre affranta, il volto segnato dal tempo, dalle rughe e dal dolore. Quanto all’abito, Spazzi non osa vestire la donna con foggia moderna, una scelta intorno alla quale si incentrava il dibattito sulla scultura dell’epoca e sulla quale cadeva l’accusa di banalizzare l’immagine scolpita, fa- cendo scadere la nobile arte della sta- tuaria nella povertà del contingente. Il panneggio con cui Grazioso sceglie di vestire la donna rappresenta un com- promesso tra il vestito moderno e la tunica arcaica, un compromesso che 23 24

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